Polycrystalline s.p.a. (PCL) nasce nel 2005 come spinoff del gruppo di Molecular Crystal Engineering dell’Università di Bologna.
PolyCrystalLine (PCL) è un esempio di trasferimento di conoscenze dal mondo accademico al mondo industriale. Iniziamo con un breve cenno storico.
Alla fine degli anni 90, un paio di eventi scientifici scuotono il mondo dell’industria farmaceutica. In primo luogo il caso del ritonavir (NORVIR®), farmaco retrovirale prodotto dalla Abbott e usato per curare i pazienti affetti da HIV. Nel 1998, la Abbott è costretta a sospendere la produzione e distribuzione del NORVIR® con un impatto enorme sul trattamento dei pazienti e, ovviamente, sull’azienda stessa. La Abbott denuncia la comparsa inattesa, e non prevista, di una nuova forma cristallina del ritonavir con proprietà farmacocinetiche molto diverse (soprattutto in termini di solubilità e velocità di dissoluzione) da quelle della forma studiata per anni e commercializzata come NORVIR®. La cosa sorprendente, per Abbott e in una certa misura per l’intera comunità scientifica interessata allo stato solido, è che la comparsa della nuova forma cristallina, termodinamicamente più stabile, rende de facto impossibile continuare la produzione della forma cristallina meno stabile fino a quel momento utilizzata. Si tratta del primo impatto al di fuori del circuito della ricerca accademica pura, e con conseguenze decisamente importanti sia terapeutiche sia di mercato, del polimorfismo cristallino, cioè della possibilità di esistenza di forme cristalline diverse per una stessa sostanza.
L’altro caso emblematico è quello della ranitidine cloridrata, Zantac®, brevettato e prodotto dalla Glaxo SC per la prevenzione e la cura dell’ulcera gastrica. Un farmaco di enorme importanza commerciale al punto da fare della Glaxo SC la prima industria farmaceutica come fatturato annuo. Nel 1992, il solo Zantac® fattura 3.4 miliardi di dollari. La scadenza del brevetto della ranitidine cloridrata nel 1995 apre la porta all’ingresso in un mercato di questa dimensione dei genericisti. Tuttavia la Glaxo SC ha, nel frattempo, brevettato una seconda forma cristallina, un polimorfo, della stessa sostanza il cui brevetto scade nel 2002. La presenza di questo secondo polimorfo nei prodotti generici della GENFARM e NOVOFARM porta a una serie di cause brevettuali tra Glaxo SC e GENFARM e NOVOFARM per violazione della proprietà intellettuale. Considerata l’importanza commerciale dello ZANTAC® non è difficile immaginare come lo scontro brevettuale riceve enorme risonanza e agisca come ulteriore segnale di attenzione al polimorfismo cristallino dell’intero mondo farmaceutico.
Seguiranno altri casi tutti imperniati sul dualismo tra forma cristallina cineticamente stabile (metastabile) e forma cristallina termodinamicamente stabile (quella che rappresenta il minimo assoluto di energia libera) in particolar modo per quelle situazioni (e i due casi menzionati del NORVIR® e dello ZANTAC® appartengono a queste) in cui la relazione tra forme cristalline è di tipo monotropico, si tratta cioè di forme cristalline della stessa sostanza che non interconvertono mediante una transizione di fase (associabile a un punto di equilibrio a certe condizioni di temperatura e pressione per le quali la energia libera è la stessa) ma fondono separatamente. I polimorfi monotropici sono i più difficili da trattare perché non esiste a tutt’oggi uno strumento predittivo abbastanza potente per definire con certezza se una data specie cristallina, anche se ottenuta da un processo di sintesi, purificazione e cristallizzazione ottimizzati e sperimentati più volte, sia veramente quella termodinamicamente più stabile o se, in condizioni particolari non previste dai protocolli impiegati, non sia possibile nucleare una forma cristallina più stabile della stessa sostanza. L’importanza delle diverse forme cristalline sta nelle conseguenze sulle proprietà chimiche e fisiche e meccaniche dei diversi cristalli che possono a tutti gli effetti differire anche in modo molto significativo. Il mondo della industria farmaceutica si rende conto che il polimorfismo cristallino è una “spada di Damocle” che può colpire in un qualsiasi momento non solo le formulazioni terapeutiche e quindi i pazienti ma anche gli enormi investimenti richiesti per lo sviluppo e messa in commercio di nuovi farmaci.
Questo è il contesto in cui matura l’idea di impresa che condurrà alla nascita di PCL.
Il gruppo Braga alla fine degli anni ’90 si occupa principalmente di chimica organometallica dello stato solido con una particolare attenzione alla relazione struttura-proprietà di composti organometallici e a cluster e ai fattori che determinano i comportamenti dinamici delle sostanze allo stato solido. Il tipo di competenze richieste per queste ricerche sono da cercare fondamentalmente nella cristallografia, in particolare da cristallo singolo e da polveri, e nelle tecniche di studio delle proprietà termodinamiche, principalmente TGA e DSC. Il background di chimica inorganica è certamente molto lontano da quello organico-farmaceutico ma il tipo di competenze è lo stesso di quello richiesto per affrontare problemi di chimica organica dello stato solido. Ed è su questa base che vengono affrontate con successo le prime caratterizzazioni di polimorfi e altre forme cristalline, per es. idrati, in collaborazione con aziende farmaceutiche italiane (Zambon, PFC, Alfa Wassermann) e successivamente internazionali (BASF).
In un breve volgere di anni, tra il 2000 e il 2003, la domanda di competenza nell’affrontare problemi di ricerca e caratterizzazione di polimorfi e idrati raggiunge il limite della capacità di risposta da parte del gruppo di ricerca. E’ un limite virtuale autoimposto che nasce dalla necessità di non compromettere la natura di gruppo universitario di ricerca di base. L’idea guida è quella di operare in rapporto con il mondo industriale riversando competenze acquisite con la ricerca fondamentale nella soluzione di problemi applicativi avendone in cambio sostegno finanziario da utilizzare per portare avanti programmi di ricerca di base. Un eccessivo impegno verso il “problem solving” industriale avrebbe finito per ridurre, se non cancellare, la capacità di produrre risultati innovativi nella direzione “curiosity driven”.
Una sfida: rispondere alla domanda esterna di esperienza senza compromettere la natura pubblica del lavoro universitario di ricerca scientifica “no profit”. Per buona sostanza, si trattava di scegliere tra rinunciare ai contratti industriali o accettarli e finire per lavorare (quasi) esclusivamente per le aziende. In questo contesto nasce l’idea della “terza via”: creare una azienda di ricerca innovativa in grado non solo di intercettare la richiesta di supporto scientifico da parte del mondo industriale ma anche di creare opportunità di lavoro per laureati con le esperienze adeguate maturati nel gruppo di ricerca.
Nel 2005 viene costituita PolyCrystalLine s.r.l. con la partecipazione di tutti i membri del gruppo di ricerca in quel momento: i prof. Dario Braga e Fabrizia Grepioni, la ricercatrice Dr. Lucia Maini, l’assegnista Dr. Marco Polito, e i dottorandi Stefano Giaffreda e Marco Curzi.
Fondamentale per questo esito sono alcuni fattori concorrenti in ordine di importanza: 1) la presenza nel gruppo di ricerca di giovani motivati e orientati verso la creazione di impresa pronti a mettersi in gioco per realizzare l’idea di trasformare conoscenze di ricerca di base in business, 2) il successo nella partecipazione al bando SPINNER promosso dalla Regione Emilia e Romagna per il sostegno della imprenditorialità giovanile che consente di attivare borse di studio per la frequenza di corsi di progettazione d’impresa, business planning e indagine di mercato per consolidare l’idea di business, 3) la opportunità offerta da una importante prima commessa industriale da parte della BASF di Ludwigshafen per lo screening di polimorfi di alcune sostanze di interesse in agrochimica, 4) l’affitto da parte del Dipartimento di Chimica G. Ciamician di un locale attrezzato ad hoc a spese di PCL per un periodo di 1 anno.
PolyCrystalLine s.r.l. nasce quindi come spinoff accademico, caratterizzato cioè dalla partecipazione societaria, inter alii, di personale universitario di ruolo autorizzato all’uopo oltre che da personale non strutturato (assegnisti e studenti) ma senza partecipazione societaria da parte dell’Università di Bologna come previsto nel caso di spinoff universitari.
L’idea di impresa, tuttavia, è ben concepita e in breve tempo l’espansione della attività di ricerca su committenza industriale è tale da richiedere la individuazione di una sede adeguata extra universitaria e i primi investimenti per la creazione di laboratori di preparativa e la acquisizione di strumentazioni di diffrazione.
L’acquisizione di strumentazioni e la assunzione di nuovo personale consente l’espansione aziendale
Dal 2016 PolyCrystalLine acquisisce la forma di s.p.a.
Un fondamentale apporto al successo dell’azienda e alla sua crescita viene dal fatto di mantenere uno stretto rapporto con la ricerca universitaria. Questo viene garantito, pur nella totale autonomia, non solo dalla interazione continua con il gruppo di ricerca “genitore” di Molecular Crystal Engineering (MCE) del Dipartimento di Chimica ma anche dalla organizzazione congiunta di scuole e workshop. E’ a partire dal 2006 che iniziative congiunte PCL-MCE vedono confluire a Bologna ricercatori universitari e ricercatori industriali a confrontarsi su temi di ricerca, caratterizzazione e utilizzo di forme cristalline di farmaci. La “crystal form convention” diventa, negli anni, un appuntamento fisso.
Nel 2023 si è svolta a Bologna la dodicesima edizione della Bologna’s convention on crystal forms.